di Giuliana Musotto
Sono andato in giardino per gustarmi una sigaretta. C’era un altro che fumava. Appoggiato al tronco di un albero, teneva fra le mani tremolanti un mozzicone ancora acceso. Il nuovo inquilino del ricovero era un vecchio distinto nell’aspetto e gentile nei modi. Alto e curvo, aveva folti capelli bianchi e occhiali dalle lenti brunite che mal nascondevano l’occhio rimpicciolito e lacrimante. Mi è venuto incontro presentandosi. “Mi chiamo Ermanno Portici. Sono arrivato questo pomeriggio.” Nel suo sguardo lo smarrimento che contraddistingue tutti noi. Cercai di confortarlo. “Si sta bene qui. Si ambienterà presto.” Era una pietosa bugia. Lui non disse nulla. Mi seguì nella saletta adibita a soggiorno. L’ho conosciuto poco perché aveva un carattere schivo. Trascorreva le giornate reggendo un libro con le sue mani vacillanti, in attesa che almeno uno dei suoi figli si ricordasse di lui. Lo vedo ancora quel vecchio segaligno seduto nel salone d’ingresso. Pronto ad accogliere chiunque fosse venuto a trovarlo, pronto a rispondere al suo inseparabile cellulare. Nessuno è arrivato. Nessuno lo ha chiamato. Nonostante l’occhio semichiuso ha visto com’è fatto il mondo e l’ha lasciato. L’infermiera se ne è accorta solo al mattino, entrando nella sua stanza. Il letto intatto, la porta del bagno chiusa. Quel vecchio, rasato, pettinato, senza occhiali e in pigiama, era disteso nella vasca: il sangue, fuoriuscito dai suoi polsi incisi, ormai del tutto defluito nello scarico. L’ictus lo aveva reso invalido: non l’aveva ucciso. Ma quei tagli procurati volontariamente erano riusciti nello scopo. Il sonno era venuto dolce e profondo senza che l’intervento dei medici potesse turbarlo. Il professor Portici se n’era andato in segreto, come un vero maestro, consegnando a tutti noi un esempio di dignità e coraggio. Aveva abbandonato la vita, quella che un tempo aveva vissuto come un dono prezioso. Il professore era stato un bambino felice, un ragazzo pieno di sogni, un uomo di ingegno impegnato nella professione di educatore e intellettuale. Il professore aveva assaporato l’amore e la gioia. Aveva ottenuto riconoscimenti e fama. Anche il professore, divenuto anziano e infermo, è stato abbandonato. La sedia occupata a tavola da Ermanno Portici è passata a un altro ospite. Qui non si lasciano posti vuoti. Chi se ne va è sostituito da un nuovo arrivato. Vecchio, inabile, traballante. Com’era il professore. Gettato per forza in questa folle girandola che ha per palma la morte.
(Questo è il terzo personaggio ospite della categoria “Personaggi”. Il primo che ricevo dai frequentatori del blog. Grazie a Giuliana per il suo contributo. Rinnovo l’invito a popolare questa galleria. L’unica regola è quella di scrivere testi di 300/400 parole, raccontando un personaggio. Spedite i testi a paologallina@gmail.com e saranno pubblicati sul blog.)
Un ritratto di bella scrittura …intenso. Mi fa pensare che questa idea si possa trasformare in una galleria davvero interessante dove i vari personaggi vivono nuova vita