ANALISI DI UN ACRONIMO.

Nel linguaggio immaginifico di Beppe Grillo la sostanziale equivalenza tra centro destra e centrosinistra è rappresentata dalla equazione  PDL = PD – L . E graficamente la cosa ha una certa efficacia perché il segno meno isola l’acronimo PD, rendendolo riconoscibile e nello stesso tempo quasi sovrapponibile a quello del PDL. La cosa funziona un po’ meno bene quando questa equivalenza non viene rappresentata graficamente, ma viene enunciata dallo sbraitante comico. “Il pidìmenoelle è un partito di zombi”. Possiamo anche concordare sul giudizio politico, ma quello che appare un nonsense è il soggetto della frase. Andrebbe così riformulata: “il pidiellemenoelle è un partito di zombi”. Appare evidente infatti che a PD non si può togliere la L che non ha, operazione che invece ha successo se la stessa L la togliamo a PDL.Non possiamo certo pretendere che Grillo nei suoi animati comizi usi un linguaggio controllato e faccia analisi da raffinato linguista, però questo slogan così enunciato è davvero una castroneria. E a quanto pare nessuno gliel’ha mai fatto notare. In ogni caso sarebbe interessante analizzare le conseguenze di questa sottrazione, del venir meno della L. Che cambiamenti determina nel PD? Lo classifica come un minus habens? La lettera L sta per libertà (Popolo della Libertà). Sta quindi a significare che il PD difetterebbe in questo fondamentale attributo, che della Rivoluzione Francese avrebbe raccolto le bandiere della Solidarietà (Fraternité), della Eguaglianza (Égalité), ma avrebbe lasciato cadere quella della Libertà (Liberté)? Non sembrerebbe, vista l’estrema libertà di voto espressa dai suoi rappresentanti in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica. Insomma il PD sarebbe un PDL meno Libertà. Il sospetto però è che anche le altre due lettere (P e D) dell’acronimo pongano qualche problema interpretativo. La P nel PDL sta per Popolo mentre nel PD sta per Partito. Ciò significa che, almeno nel nome, c’è maggior affinità tra il PDL e il M5S che tra lo stesso PDL e il PD. Infatti Grillo vede come fumo negli occhi i partiti e quindi alla sua creatura politica ha attribuito l’epiteto di Movimento, così come Berlusconi alla sua quello di Popolo. Si vuole così alludere a un rapporto diretto tra il leader e i suoi seguaci, senza che sia previsto nessun passaggio democratico dove si formino le decisioni e si stabiliscano le politiche. Alla fine ci resta da confrontare la D. Che nel PDL è derubricata a preposizione articolata (della) e nel PD sta a indicare Democratico. Con il PDL  che neppure lo contempla e il PD che fatica a praticarlo, il metodo democratico.

3 pensieri su “ANALISI DI UN ACRONIMO.

  1. Emanuele

    Altro fenomeno semanticamente interessante è che forse (mi si corregga se sbaglio) si tende per la prima volta nel linguaggio corrente a identificare i seguaci di un movimento utilizzando il cognome del leader , “i grillini”. Cosa non verificatasi nemmeno nel movimento, anzi “popolo” a guida del Cavaliere. Non è ovviamente una primizia in senso stretto (mi vengono in mente i “gollisti” in Francia), ma in ambito italiano sì. A quando il partito dei “Renziani” , magari contrapposto al Popolo degli Alfaniani?

  2. Paolo Gallina Autore articolo

    Con l’uso del termine grillini si è forse completato il processo di personalizzazione della politica sviluppatosi in questi anni. Però questo è vero se si guarda all’identificazione dei seguaci con il loro leader carismatico, perché, diversamente, il fenomeno è molto più antico. Infatti la personalizzazione è stata spesso utilizzata per identificare le diverse posizioni politiche (correnti) all’interno di un partito. Abbiamo infatti i dalemiani, i renziani, i veltroniani, i prodiani, i bersaniani così come negli anni ’70 avevamo i forlaniani, gli andreottiani, i demitiani, i craxiani, i lombardiani, gli amendoliani. Soltanto il PD+L difetta di questa partizione nominalista in quanto, in ossequio alla “L” di Libertà è un partito guidato da un dominus incontestabile. Non si parla di berlusconiani, ma piuttosto di berlusconismo, identificando così nella persona non tanto dei seguaci ma una politica, un’idea di società.

  3. Emanuele

    Sì, le correnti venivano spesso identificate col nome del capo-corrente di turno, in questo caso invece tutto un partito (pardon, movimento) viene ad essere identificato col suo leader al punto di contagiare anche il modo con cui vengono denominati i simpatizzanti/sostenitori. Sulla personalizzazione della politica, ricordo che tutto cominciò con la crisi della prima repubblica, la de-legittimazione dei partiti di allora e la voglia di superare gli steccati ideologici derivanti dalla guerra fredda puntando non più sulle ideologie, ma sulle persone. Da quegli anni tanta strada è stata fatta, almeno nel senso che buttate a mare le ideologie, anche le idee un po’ alla volta sono state dismesse, e la personalizzazione della politica ormai equivale a votare delle facce senza nemmeno preoccuparsi di sapere cosa vogliano fare dei voti raccolti.

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