Venerdì 12 gennaio 2007 alle ore 21 al Centro culturale Candiani di Mestre il Circolo W. Tobagi organizza una serata dedicata a Dino Buzzati. L'ingresso è libero.
Scrittore, reporter, pittore, ma anche fumettista, elzevirista, drammaturgo, inviato. Per Dino Buzzati, autore del Deserto dei tartari e di Poema a fumetti -di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita - molte sono le definizioni che si potrebbero cercare e attribuire, ma tutte in un modo o nell’altro si potrebbero raccogliere attorno ad un’unica idea: quella di essere un autentico creativo. Creativa, infatti, era non solo la sua necessità di scrivere storie, ma anche la sua costante ricerca, il suo continuo sperimentare forme diverse per dar loro vita: la parola, il racconto, il romanzo, il balletto, il fumetto, il pennello, i colori. Tutte, pur nella loro diversità formale, hanno contribuito a raccontarci le storie di un uomo che, a metà tra un sentiero di montagna e i corridoi fumosi di via Solferino, non smetteva, e non smette, di far correre la sua fantasia fino a noi.
Artista tra i più fertili del panorama italiano del XX secolo, Dino Buzzati nasce a San Pellegrino, appena fuori Belluno, il 16 ottobre 1906 nella villa di proprietà della famiglia dove poi trascorre le sue vacanze di bambino. Due sono, infatti, i poli fondamentali attorno ai quali si snoda la sua vita: le Dolomiti, dove torna appena gli è possibile, e Milano, dove il padre, docente di Diritto Internazionale, lavora durante l’inverno.
Conclusi gli studi classici al Liceo Parini, decide di iscriversi alla facoltà di Legge ma, pochi mesi prima di conseguire la laurea, nel 1928, inizia come praticante una lunga collaborazione con Il Corriere della Sera, collaborazione che lo vedrà reporter, elzevirista, cronista d’arte, inviato speciale, corrispondente di guerra e responsabile della Terza Pagina. Al mestiere di giornalista – che lo impegnerà per ben quarant’anni in via Solferino – si affiancano anche quelle che saranno poi le passioni di una vita: la poesia, la musica – studia violino e pianoforte – il disegno, la montagna. E mentre non smette di tornare alle sue vette – le stesse che poi ritrarrà nei suoi quadri - per compiere lunghe escursioni, Buzzati continua a scrivere per il Corriere, per la Domenica del Corriere e per altre testate (il settimanale «Il popolo di Lombardia» ospita, infatti, alcuni suoi racconti, note teatrali, illustrazioni e disegni).
Le complicate relazioni sentimentali che segnano la sua vita sono anche fonte di ispirazione per alcuni suoi romanzi - Il grande ritratto (1960), Un amore (1963) - e per i molti dipinti a carattere erotico. Nel 1966 sposa la giovane Almerina Antoniazzi, mentre si moltiplicano le esposizioni dedicate ai suoi quadri (a Venezia, a Roma) e le rappresentazioni di alcune sue opere. Nel dicembre del 1972, mentre torna per l’ultima volta alle sue montagne, esce l’ultimo elzeviro sul Corriere – Alberi – e l’ultimo dei volumi da lui curati: Le notti difficili. Ricoverato alla clinica “La Madonnina” di Milano, Buzzati muore il 28 gennaio 1972.
sAutore di numerosi romanzi di successo - Bàrnabo delle montagne (1933), Il segreto del bosco vecchio (1935), Il grande ritratto (1960), Un amore (1963) - Buzzati entra però nel panorama internazionale con Il deserto dei Tartari (1940), definito dall’autore stesso come il “romanzo della sua vita”, poi riadattato per il cinema da Valerio Zurlini. Il testo, consegnato nel 1939 a Leo Longanesi, viene segnalato anche da Indro Montanelli. Per timore, però, di creare equivoci con la guerra ormai prossima, Longanesi chiede a Buzzati di cambiarne il titolo – La fortezza – passando al titolo che ormai tutti conosciamo. Com’è noto, tuttavia, la produzione buzzatiana – o meglio, la fertile creatività dell’autore – si estende tra racconti - I sette messaggeri (1942), Paura alla Scala (1949), Il crollo della Baliverna (1954), Sessanta racconti (1958), Esperimento di magia (1958), Il colombre (1966), La boutique del mistero (1968), Le notti difficili (1971) – opere poetiche – Il capitano Pic e altre poesie (1965), Tre colpi alla porta (1965), Poema a fumetti (1969) - opere teatrali – Un caso clinico (1953) adattato per la Francia da Albert Camus, e La colonna infame (1962), solo per citare alcuni tra i titoli più noti - i racconti musicali - come Ferrovia sopraelevata con musiche di Chailly (1955) - i balletti - come Jeu de cartes (1959), su musica di Stravinskij.
Tra i tanti lavori di Dino Buzzati uno, in particolare, attira oggi la nostra attenzione: In quel preciso momento, una raccolta - per così dire quasi intima - di elzeviri, racconti brevi, apologhi, divagazioni, uscita per i tipi di Neri Pozza nel 1950 e di recente riproposta da Mondadori, libro che al suo apparire per la prima volta accendeva una luce sull’«uomo Buzzati», non ancora adeguatamente considerato dalla critica.
Partendo proprio da questa sorta di “Zibaldone” Tiziana Agostini e Anna Girardi hanno costruito una biografia fatta di immagini, fantasie, parole, allestite in forma di spettacolo.
Protagonista, naturalmente, lo stesso Buzzati: attraverso riflessioni, inquietudini, visioni, narra di sé, del lavoro creativo, mostrando angoli nascosti del paesaggio e della città.
A dar voce allo scrittore l’attore e regista Antonino Varvarà.
Per immaginare di rappresentare l’attività di Buzzati è necessario però ripercorrere la sua fantasia creativa nella complessa articolazione, sapendo che egli usava le parole come linguaggio secondario e la pittura come lavoro, per questo la narrazione scenica procede integrando il racconto visivo, realizzato con quadri, foto, fumetti e disegni, a quello basato sulle parole. Prende così corpo il poliedrico talento di questo artista, capace di usare mezzi espressivi diversi per rappresentare il mistero della vita.
Uno spettacolo-omaggio, nello spirito di Buzzati, in occasione del centenario della sua nascita, per farlo conoscere a un nuovo pubblico di lettori e appassionati d’arte e per farlo apprezzare nei suoi aspetti meno noti a chi già lo ama.