Archivi autore: Annalisa Trabacchin

Teatro: Incendiati – Giovedì 11 aprile ore 20.30 – presso Malcanton Marcorà (Venezia)

SEGNALIAMO:

INCENDIATI > GIOVEDÌ 11 APRILE > 20.30
dal romanzo di Antonio Moresco “Gli incendiati” (ed. Mondadori)
adattamento e regia di Pierpaolo Comini

Sarà presente l’autore

Giovedì 11 aprile 2013, alle 20.30, al Teatro Ca’ Foscari va in scena Incendiati, dal romanzo “Gli incendiati” (ed. Mondadori), di Antonio Moresco. Adattamento e regia di Perpaolo Comini. Con Armando Comini, Paolo Mutti, Francesco Tozzi. Scene e luci Paolo Battistel.
INCONTRO CON ANTONIO MORESCO
Lo spettacolo sarà preceduto da un incontro con Antonio Moresco, giovedì 11 aprile 2013, alle ore 16, presso la sala Morelli, al piano terra del complesso Malcanton Marcorà (Dorsoduro 3484/D).
All’incontro parteciperanno Carmelo Alberti, Enrico Palandri, Tiziano Scarpa, Julian Zhara.

Scheda dettagliata QUI
Teatro Ca’ Foscari

Primo incontro di Letteral…Mente

             L’Accademia La Parola e il Circolo Culturale Walter Tobagi

                                                       presentano

                                             Letteral…Mente

            Conversazioni al Palco attorno a Psiche e Letteratura

                                                        condotte da

               dott. Franco Castelli e dott.ssa Elisabetta Gesmundo

                                        LUNEDI’ 25 MARZO 2013 ore 18.00

                La voce dei pensieri nascosti tra incognite, attese, speranze

                     Aspettando Godot – La scrittura di Beckett e il pensiero di Bion.

 

Poesie di Giovanni Turra. Letture ad alta voce di Simonetta Nardi. Conversazione con Fulvio Ervas su “Se ti abbraccio non aver paura”

Il teatro di Beckett viene considerato il teatro dell’assurdo, del non senso. Attraverso il confronto tra la sua storia personale , il suo lavoro letterario e l’analisi interrotta con Bion, emergono inaspettati e nuovi significati che aprono prospettive di speranza e fiducia nell’attesa del futuro. Dare  voce tramite la parola scritta ad aspetti non conosciuti di sé difficilmente comunicabili, è la trasformazione operata Beckett nei suoi lavori letterari e da Bion nel suo modello della mente.

Fulvio Ervas, scrittore contemporaneo, nel suo ultimo libro, per altre strade, dà voce e parola ad aspetti incomunicabili di un ragazzo autistico che intraprende insieme a suo padre un  viaggio  attraverso le Americhe, viaggio di conoscenza, esperienza e speranza. Il testo è tratto da una storia vera che Ervas riesce a tradurre in una narrazione  e offre una opportunità di una riflessione sui nostri tratti autistici non comunicabili e sulla possibilità che il leggere e lo scrivere possano  aprire nuovi orizzonti di senso e di trasformazione alle nostre storie.

Giovanni Turra. L’intento di quanto scrivo è violare l’intimità della casa, inventando dei surrogati dell’unheimlich freudiano, la cui massima espressione è per me rappresentata dalle allegorie vuote di Kafka; e tanta scrittura dell’autore ceco è sinistramente consonante con il Beckett de L’ultimo nastro di Krapp e dei romanzi. Nella mia  poesia, la casa significa l’adozione di un punto di vista limitato, uno dei tanti possibili, e l’individuazione di una cornice precisa, al cui interno circoscrivere con esattezza il dominio di alcune esperienze, senz’altro autobiografiche, ancorché tipiche e interpersonali.

Ingresso gratuito –   Il PALCO – Piazzetta C. Battisti (vicino Teatro Toniolo) Mestre

La Flora. 9 marzo 2013

di Gianna Lepri

La vita al Piano non era cambiata poi tanto, prima con l’occupazione dei Tedeschi, poi con gli Americani venuti a liberarci. Per noi ragazzi erano entrambi novita’ ghiotte. I carri armati, le camionette, le pistole abbandonate dai soldati sui sedili, che noi spesso si rubava, e allora si’ la faccenda si faceva pericolosa, e poi la cioccolata, le prime sigarette che andavamo a fumare giu’ al Campino, passandocele in cerchio, e continuando a tirare, nonostante il forte senso di nausea. Per noi ragazzi la guerra era guerra, che fosse contro i Tedeschi o contro gli Americani, si doveva essere pronti a rispondere al fuoco nemico. Lo Zulli, con la voce nasale e la lisca quando parlava, era il nostro capitano, auto proclamatosi in realtà’, ma noi lo si lasciava fare perche’ ci si divertiva a sentirlo parlare, quando impartiva gli ordini, con quella sua buffa parlata. Poi c”erano il galoppini. Il Cecchini, figliolo del fattore di Villa Pazzi, che ci riforniva di ciliegie rubate nel podere padronale, e il Necchi, ragazzo di bottega in un laboratorio di sacchetti di carta, che era addetto al rifornimento delle munizioni, fatte di sassi, nespole, ghiaino, limoni che sparavamo Durante fantomatiche incursioni fra i poderi delle ville e gli orti dei fattori.
Per noi ragazzi il mondo finiva li’, con quei giochi, il biliardo, al cui bordo si arrivava a fatica, la Casa del popolo, dove a turno si mesceva il vino ai compagni avventori.
Dall’altra parte, distanti, quasi in un altro pianeta, c’erano le ragazze. Anche loro dovevano avere i loro giochi, per quanto si potesse immaginare, ma piu’ che altro le si vedeva lavorare in gruppetti, chi sedute sugli scalini dell’uscio di casa, altre mezzo accovacciate li’ intorno su delle seggiolone di paglia, a sferruzzare, a fare l’uncinetto o a ricamare fazzoletti o federe per il futuro corredo, o su commissione di qualche signorona del posto. Erano rari i contatti, piu’ che altro ci si spiava fra i gruppi, e se non fosse stato per qualche cugina in comune che ogni tanto si infilava in mezzo a noi, si sarebbe detto che ci si ignorava.
I piu’ cresciuti del gruppo, gia’ con qualche esperienza fugace alle spalle, alludevano, con battute salaci e un po’ volgari, alle cose che facevano i ragazzi con le ragazze. Ma noi piu’ piccoli si capiva poco, non ci si badava poi tanto, sebbene qualche richiamo primordiale lo si avvertisse anche noi.
Fra le le piu’ civette che si facevano più Facilmente avvicinare c’era la Rosanna del Sarti, con quel nasino all’insu, che sembrava annusasse di continuo l aria calda dei Colli. E poi c’era la la Gina del Cappelli che si dava arie di gran bellezza, quando invece era una mingherlina, con un visetto smunto, che un pomeriggio s’era fatta baciare da Beppino, il piu’ sveglio del branco, ma quando aveva sentito in bocca quella cosa molliccia e umida, aveva cominciato a sputare per terra fino all’ora di cena.
E infine c’erano le ragazze grandi, quelle sui diciotto, vent’anni, che venivano su dal centro e che per noi ragazzi rimanevano un miraggio, da non osare neppure fissare troppo, tanto erano fini ed eleganti, a confronto con le misere vestaglie delle nostre mamme e delle zie, o delle ciabatte mezzo sfondate delle nostre nonne. Ma frà tutte la piu’ bella, la piu’ desiderabile, fresca, solare, inarrivabile era la Flora, l’unica del Piano, che s’era messa a fare la vita, a rallegrare, diciamo cosi’, il soggiorno degli alleati. Insieme alle ragazze di Porta Romana o delle Cascine, andavano a spassarsela alle feste che gli Americani organizzavano nei saloni delle ville nobili requisite. E noi ragazzi, giu’, nelle cantine, a finire gli avanzi prelibati dei piani nobili, le si sentiva ballare, ridere e cantare, soprattutto la Flora con quella vocina da soprano, che quasi faceva piangere quegli omoni gia’ mezzo ubriachi. Poi era tutto un fuggi fuggi. Chi si accoppiava sui larghi divani di broccato, coppie che salivano con passo maldestro e sbilenco verso le stanze padronali, o come la Flora che preferiva appartarsi all’aperto, dietro la limonaia, che si vedeva passare aggrappata a qualche tenente di turno mezzo barcollante.
Se la contendevano tutti la Flora, bella, dicevano, come la Gina Cavalieri, con quel caschetto di capelli neri ondulati, il collo lungo, le mani affusolate e quello sguardo languido e trasognato che tanto attraeva i soldati. E anche a lei piacevano tutti quei militari, soprattutto quando, finite le festè, si avviava verso casa, con le borse ripiene di meraviglie. Polli arrosti, tacchini ripieni, torte di mele, cioccolata, sigarette, profumi, tutta roba che in parte rivendeva al mercato nero, e in parte portava a casa per sfamare quegli sciagura ti della sua famiglia, col fratello Bruno piu’ dentro che fuori dal carcere, il babbo inabile al lavoro perche’ malato di tisi, e la povera mamma che sgobbava dall’alba all ‘Ospedale di Careggi a trasbordare i morti dalle barelle alle celle mortuarie.
E quel suo modo scanzonato, irriverente, tipico dei Fiorentini, di affrontare le miserie della sua vita difficile, con allegria e distacco, ce la rendevano ancora piu’ attraente, e piu’ volte noi ragazzi, ormai cresciuti, in eta’ adulta, c’eravamo ritrovati a ripensare alla Flora, a rivederla ancheggiare mezzo barcollante su quelle scarpe dal tacco troppo alto, con quei vestitini di mussola, un po’ scollati, che le segnavano il vitino di i vespa, e che si sollevavano ad ogni folata birichina di vento, e a farcela ancora desiderare, proprio come aveva fatto sognare gli alleati in quell’agosto del ’44.

Le amiche

di Gianna Lepri

” E non lamentarti poi se i ragazzi ti guardano e ti fischiano dietro se continui a metterti quelle camicette scollate e quelle gonne strette, che sembrano risucchiate da un imbuto!” Wanda alzo’ le spalle e continuo’ a ripassarsi il rossetto sulle labbra. Le era costato due settimane alla maglieria, e non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo quando usciva con la Liliana e la Rosalba, cosi’ come alle calze di seta con la riga di dietro, e all’ultimo modello di scarpe che aveva comprato dal Cecchini con il tacco alto e sottile, scomodo, ma talmente belle.Le ragazze si erano conosciute alla maglieria, e da allora non si erano piu’ lasciate. Sempre insieme, dalla mattina fino alla sera , quando smontavano dal lavoro. Restavano un po’ la’ fuori dal laboratorio a chiacchierare con le altre, anche se non ci legavano troppo, pero’. E la domenica insieme alle Cascine a fermarsi a discorrere con i militari, sempre cordiali e gentili, pronti a offrire una bibita o una granita, dietro come cagnolini, pur di far chiasso assieme a quelle belle ragazze. Wanda era la piu’ bella delle tre, e per questo la piu’ corteggiata nelle loro uscite. Si diceva che il suo viso assomigliasse molto a quello della famosa attrice Alida Valli tanto che, più di una volta, era stata fermata, perchè’ scambiata per la famosa attrice. Ma lei, quasi inconsapevole della propria bellezza, per la semplicita’ della sua educazione, scrollava le spalle e negava, senza farsi troppi pensieri.La Wanda, la capobanda, senza la quale non si faceva niente, era seguita a ruota dalle altre due. Se c’era un albero della Cuccagna da vedere in qualche rione vicino, era la Wanda che decideva, cosi’ come se c’era da andare a ballare in qualche sagra di paese, o ad assistere ad una gara di pesca, giu’ al fiume.Erano sempre insieme, e se non fosse stato per la bellezza che le differenziava, le si sarebbero scambiate l’una per l’altra.La Rosalba non aveva nulla di che competere con le sue amiche. Tozza, un po’ grassoccia, con una risata sguaiata che tanto infastidiva la Wanda, che pero’ non era mai riuscita a correggergliela. Si intrometteva a casaccio nei discorsi, e non appena le riusciva parlava di se’, suscitando il fastidio e il disinteresse di tutti. Un po’ volgare, non nascondeva per nulla il suo interesse per i bei giovanotti che pero’, poco ricambiavano le sue attenzioni. Si sarebbero detti difetti incorreggibili, da cui allontanarsi, ma ormai la Wanda e la Liliana si erano abituate a lei, e avevano finito per apprezzare i pregi che anche lei possedeva.La spontaneità’, quel suo farsi in quattro per gli altri, la sincerità, il suo buon cuore, facevano si’ di volerle bene.La Liliana era diversa, riservata, silenziosa, parlava quando la Wanda le chiedeva qualcosa e il piu’ delle volte non aveva la risposta alle sue domande. Dava poca confidenza agli estranei, cui si dimostrava diffidente, e la gente si chiedeva come se la sarebbe cavata senza la Wanda accanto. Con i ragazzi era un vero disastro. Ritrosa, scontrosa, scappava se qualcuno le si avvicinava ed inoltre doveva combattere con la Rosalba, che le aizzava contro i maschi, e lei si ritrovava ancora una volta a chiedere l’intercessione della Wanda, che non mancava di intervenire, perche’ lei non sopportava che le sue amiche subissero alcun tipo di sopruso.

Il pensionato

di Gianna Lepri

” Corri Debbie, vieni a vedere il pellicano a spasso con il suo ganzo!” Era una scena irresistibile che le inquiline del condominio non si volevano proprio perdere. Ruth era una ragazzotta piuttosto bruttina, con un grosso collo simile ad un gozzo appoggiato su un ampio petto carenato che la facevano assomigliare al pennuto. Ma lei, a differenza delle altre, si era gia’ trovata il fidanzato da un bel pezzetto e loro invece dovevano accontentarsi di andare a ballare da sole al dancing e sperare che qualcuno le invitasse, e questo suscitava una certa invidia e non risparmiava delle cattiverie. Vivevano tutte a pigione nel condominio della Signirina Collins, che aveva la doppia mansione di padrona di casa e di sorvegliante, dandosi un gran daffare per mantenere una certa armonia fra le ragazze. Tenerne a freno otto non era certo un compito facile. Erano giovani donne, che arrivavano per lo piu’ dalla campagna in citta’ in cerca di lavoro. C’era chi lavorava come dattilografa nell’ufficio di contabilita’ Lorenz, un paio come operaie nella grande industria di automobili, chi come barista giu’ al drugstore, un altro paio era impiegato come sarte nella fabbrica di confezioni, c’era un’aiuto parrucchiera con l’intenzione di mettersi in proprio in futuro. Laurie, la piu’ carina, si era impiegata come indossatrice in un elegante negozio in citta’, la piu’ probabile a lasciare il condominio per un alloggio piu’ idoneo alla sua attività’ , magari piu’ vicino al centro. Erano tutti lavori modesti, umili, che permetteva loro si’ e no di mantenersi. Ma, data la loro giovane eta’, erano tutte piu’ o meno sulla ventina, il loro stato non le impensieriva piu’ di tanto, anzi, restava loro il tempo per scherzi, scaramucce, alleanze ora contro l’una , ora contro l’altra, per ritrovarsi pero’ alleate in caso qualcuna di loro fosse in difficolta’ . Come quando quella volta Catherine di punto in bianco fu mandata via dal suo datore di lavoro, ufficialmente perche’ non piu’ necessaria, ma in realta’ perche’ lei non aveva ceduto alle sue pressanti richieste fuori orario. Le ragazze fecero quadrato, addirittura con l’appoggio della Signorina Collins, e si fecero carico dell’amica, facendo fronte alle sue spese, e sparpagliandosi per la citta’, finche’ non le trovarono un nuovo lavoro come magliaia in un laboratorio. In casa Collins le regole erano precise. Per prima cosa pagare la pigione puntuali alla scadenza, poi in ordine venivano tutte le altre. Lavarsi, meglio senza scialacquare troppa acqua prima di presentarsi per la cena all’ora stabilita. La Signorina Collins non sopportava il ritardo. Fumare rigorosamente nel patio e mai nelle stanze, la terrorizzava la sola idea di un cerino acceso in salotto. Eventuali accompagnatori andavano velocemente salutati sulla porta di casa, non vedeva la necessita’ di farli entrare dentro. Biancheria, pulizia delle stanze, talvolta la preparazione di qualche pasto erano tutti a carico delle ragazze. Una vita piuttosto dura per loro, un po’ meno per la Signorina Collins, a parte la preoccupazione che alle ragazze non accadesse qualcosa di veramente serio. Una sera chiacchieravano in salotto burlandosi di Gina che da un po’ di tempo veniva corteggiata da uni spilungone perdigiorno, tutti cosi’ le toccavano, in attesa che ci fossero tutte per andare a cena. C’era sempre un po’ di trambusto a quell’ora, dopo una giornata faticosa, con i racconti del giorno, la fame spesso disattesa, visto i menu’ scarni della Signorina, i progetti che gia’ si preannunciavano per la domenica, misto a un po’ di apprensione per l’eventuale ritardo di qualcuna delle commensali, per non indispettire la padrona di casa. Via via arrivavano le ragazze, fresche di risciacquo, chiacchierone, affamate, e si avvicinavano al salotto, tutte intorno alla Signorina Collins che, come una chioccia, radunava i suoi pulcini, contandoli inconsapevolmente. Nastri, golfini, sottogonne, spille, sandali, tutto contribuiva alla confusione della serata. Tutte si controllavano, si squadravano, apprezzavano spensierate le loro tenute. Sembrava ci fossero tutte, visto il rumore che si sentiva, ma la Signorina Collins avvertiva una certa tensione: non vedeva Ruth. Attese impaziente, temporeggiando con le ragazze, all’inizio facendo finta di niente, poi senza piu’ controllare il suo disappunto, esplose nel bel mezzo della serata con delle esca ndescenze esagerate che ammutolirono le ragazze. Effettivamente, Ruth non c’era. Non era mai successo. Le ragazze cercarono di rabbonire la Signorina Collins, ma non sapevano neppure loro che cosa pensare. Di cenare non se ne parlava nemmeno. Bisognava trovare Ruth. All’inizio erano paralizzate, non sapevano proprio da che parte cominciare. Poi, un po’ alla volta, l’iniziativa prese il sopravvento. Telefonarono al suo posto di lavoro, poi al drugstore. Gina fu mandata dalla signora Drew per vedere se era la’, telefonarono al distributore per chiedere se l’avessero vista, passarono dai suoi amici Fleming, per fugare ogni dubbio. Ci sarebbero stati altri mille posti dove cercarla, ma dove poteva essere finita? Andavano e venivano dal condominio sotto una pioggia battente ora, e la disperazione cresceva a dismisura. Si ritrovarono grondanti, ansimanti sotto il patio, sbigottite, domandandosi cosa fare.
Poi, all’improvviso, qualcuna capto’ un urlo mezzo soffocato giungere da dietro alla rimessa. Corsero tutte insieme verso quel punto, non tanto lontano dal condominio. Gina indicava un punto nel terreno. Si intravedeva un fagotto che a fatica si vedeva, rantolando, chiedendo aiuto, annaspando col fango nella bocca, nel tentativo di rialzarsi da terra. Le ragazze le furono subito intorno, la circondarono, cercarono con difficolta’ di alzarla, la coprivano con i loro impermeabili, cercando di proteggerla dalla pioggia. Era Ruth. Anche se si faceva fatica a riconoscerla. Le labbra spaccate grondavano sangue, l’occhio semichiuso, gia’ tumefatto, sporgeva dall’arcata, i capelli impiastricciati di sangue erano appiccicati alla faccia, il sangue colava dal naso, che appariva spostato dal suo setto. Le ragazze attonite, dopo un primo momento di spavento, si animarono, cominciarono a darle i primi soccorsi. Fra tutte riuscirono a caricarsela sulle spalle, chi tenendo un braccio, chi una gamba. Nonostante i suoi forti lamenti, raggiunsero la casa. Riunirono le loro conoscenze di pronto soccorso, e un po’ alla meglio la rassettarono. Le disinfettarono le ferite, le ripulirono i capelli incrostati di sangue, le lavarono la faccia e un po’ alla volta apparve il viso irriconoscibile di Ruth. Nessuna di loro aveva il coraggio di parlare, quasi se la sentissero come erano andati i fatti. E infatti era andata proprio cosi’. Ruth si era accorta che non le venivano piu’ le sue cose, cosi’ di nascosto era andata dal dottor Morgan per fugare ogni dubbio. Era incinta. Di due mesi. E ora come faceva con Dylan? Come dirglielo? Quella sera lo aveva convinto di trovarsi giu’ da Macy’s al bowling. Con calma e risolutezza lo avrebbe affrontato, lo avrebbe convinto che la cosa migliore era tenerlo, che non potevano sprecare un’occasione del genere, che sembrava fosse capitata apposta per consolidare il loro amore. Non fece in tempo ad accennare alla cosa, che le arrivo’ subito un manrovescio sulla bocca, lasciandola del tutto sbigottita. Non l’aveva mai visto cosi’ nervoso, intrattabile. Adesso non assomigliava più’ al suo Dylan. L’afferro’ per la camicetta e la spinse a forza fuori dal locale, trascinandola lontano dal caos. Continuarono a discutere, lei ormai sempre piu’ flebilmente, lui sempre piu’ minaccioso e all’ ultima debole insistenza di lei, lui si senti’ montare il sangue alla testa e comincio’ a picchiarla di brutto, perdendo completamente il senno. L’avrebbe finita se un gruppo di ragazzi, richiamati dalle urla, non fosse intervenuto a bloccarlo. Lei dopo un po’ aveva arrancato trascinandosi fino a casa, ma si era accasciata perdendo i sensi, proprio li’ accanto.
Ruth piangeva disperata circondata dalle ragazze e dalla Signorina Collins, che a situazioni come quelle purtroppo non era nuova. Con il suo mestiere ne aveva gia’ viste tante. Passarono alcuni giorni, fintanto che Ruth non assunse un aspetto passabile. Di li’ a poco prese la decisione. Sarebbe tornata al paese, perche’ di rimanere in citta’ con il bambino, da sola, senza un marito, non se ne parlava neppure. Il pullman quella domenica mattina era circondato da un gruppetto di ragazze che, piangendo, abbracciavano e salutavano affettuosamente la loro compagna piu’ sfortunata.
Rattristate, amareggiate per aver perso in quel modo un’amica, anche se ogni tanto era stata il bersaglio dei loro lazzi, si riavviarono sconsolate verso casa, ognuna verso la propria camera. Ne rimaneva vuota solo una, ma ancora per poco. Di sicuro, di li’ a un po’, sarebbe arrivata ad occuparla una nuova giovane donna dalla campagna, in cerca di un nuovo lavoro.

Aperte le iscrizioni per le Storie ad Alta Voce

Aperte le iscrizioni per il workshop ‘Storie ad alta voce’.
Gli incontri condotti anche quest’anno da Simonetta Nardi, si svolgeranno presso il Centro Culturale Candiani di Mestre.
Calendario incontri:
Venerdì 15 marzo
Venerdì 22 marzo
Venerdì 5 aprile
Venerdì 12 aprile
Orario:  dalle 17.30 alle 19.30 presso la saletta seminariale Centro Culturale Candiani
Tema Seminario
Storie ad alta voce: quattro incontri teorici ma anche laboratoriali per imparare a leggere in modo espressivo, utilizzando il testo quasi fosse uno spartito musicale per dare colore, ritmo, volume ed intensità ad una lettura sganciata dalle cattive abitudini legate a quella scolastica.
La voce: troppo bassa e titubante tradisce insicurezza, stridula e assordante induce alla fuga. Ma la voce, se ben usata, può anche essere l’arma più importante per convincere, sedurre, ammaliare, in quanto una voce fonogenica può conquistare chiunque. Avendo presente che soltanto il 7% delle informazioni di una persona dipende da ciò che si dice, mentre ben il 38% dipende da come lo si dice, si capisce immediatamente l’importanza di imparare ad usare nel modo giusto le proprie corde vocali. Chi scrive o si occupa di scrittura si trova sempre più spesso nella condizione di accompagnare i propri testi in presentazioni pubbliche e reading, performances che se affrontate senza una preparazione adeguata e con la pressione di una situazione ansiogena rischiano di produrre dei risultati diametralmente opposti all’obiettivo di promuovere i testi stessi. Un corretto utilizzo quindi della respirazione, veicolo fondamentale della parola, la ricerca di una pulizia nella lettura per riuscire a scolpire le parole allontanandoci da inflessioni dialettali, la scoperta della nostra voce spesso rifiutata e non riconosciuta ad un ascolto
registrato e nella stragrande maggioranza dei casi sottoutilizzata, l’importanza di “vedere” e “far vedere” il testo nella lettura ad alta voce utilizzando anche la nostra memoria emotiva, l’utilizzo corretto e sciolto del microfono e della prossemica quando si è di fronte ad un pubblico, capire come le varie tipologie dei testi vadano letti: questo e molto altro verrà affrontato in base anche alle richieste e problematiche specifiche dei partecipanti agli incontri condotti da Simonetta Nardi.
Simonetta Nardi lavora da più di vent’anni nelle radio private con trasmissioni quotidiane, prestando la voce in molti programmi giornalistici e documentaristici radiotelevisivi, nonché nella pubblicità. Attualmente conduce una trasmissione radiofonica quotidiana su Radio Padova. Svolge inoltre reading e attività di presentazione di eventi, ed insegna lettura espressiva e dizione presso istituzioni pubbliche e private.
Per info e iscrizioni: Circolo Culturale W.Tobagi Venezia (cell: 3332818741 mail:info@waltertobagi.net)

Trame online

E’ online l’eBook Trame, che contiene i racconti dei nostri Marianna Bonso, Paolo Gallina e Elisabetta Rosadi ( insieme ai racconti di altri corsisti della Holden, de Lalineascritta e della Scuola di scrittura narrativa di Raul Montanari).
Bravi!

Copertina_Trame